Se non siamo tornati tutti davanti al computer, poco ci manca. Qui in studio è come se fosse cominciato un nuovo anno: progetti nuovi, nuove metodologie e un’aria di positività (no, non in quel senso!) che sta rendendo il rientro in ufficio meno traumatico di come dovrebbe essere.
Per rendere il rientro meno impegnativo anche a te, questo numero di Swag ti parla dell’ovvio.
🌹 Le rose sono rosse, i link sono blu.
Se lo scrivi su Google, ti trovi davanti alla pagina dei risultati di ricerca dove i link sono blu. Il primo risultato di ricerca, almeno qui da me, è Wikiquote che ha i link blu.
Ovvio, no?
Da quando conosco il web, i link sono blu: una volta erano pure sottolineati, oggi un po’ meno.
C’è una metodologia di problem solving, inventata dal fondatore di Toyota negli anni ’30, che attraverso il chiedersi ricorsivamente il perché di un fenomeno, permette di arrivare alla sua motivazione profonda.
Si chiama “metodo dei 5 perché” ed è un metodo interessante, tra l’altro menzionato anche all’interno del solito libro “La caffettiera del masochista” (a proposito: te lo sei letto?) che funziona e che amo particolarmente.
Quindi un giorno di questo Agosto, arrivato al quinto perché, mi sono trovato davanti a questo enorme punto interrogativo: perché il colore blu identifica i link?
🎨 Solo 16 colori.
Proprio oggi stavo pensando che Lorenzo, il più giovane del team di Trapstudio, è nato nell’anno in cui cominciavo a disegnare interfacce (nel caso te lo stessi chiedendo, questa è stata la mia prima UI).
Se sei vecchio come me ti ricorderai che negli anni ’90 non è che ci fossero tanti colori a disposizione sul computer: i 16 milioni di colori, che oggi sono uno standard, erano un lusso per pochi. Pensa che alla fine degli anni ’90, per i PC windows lo standard erano 256 colori a 640×480 pixel di risoluzione, tanto per dire. E non è che i Mac se la cavassero tanto meglio.
Mamma mia che nostalgia.
Comunque, ancora prima che questo arcobaleno dalle 256 sfumature ci invadesse, i sistemi operativi facevano affidamento a 16 colori: oggi sembra poco, ma prima di quello c’era il monocromatico.
Ti ricordi Windows 3.1? La palette della sua User Interface era basata su 16 colori, al contrario del 2.0 che era prevalentemente monocromatico: vale a dire che quell’interfaccia è stata una delle prime ad avvalersi, per un sistema complesso, di una palette cromatica estesa che permetteva di usare il colore come segno distintivo per diverse cose, tra cui gli stati.
Per capirci meglio guarda qui:
L’icona selezionata ha il nome evidenziato in blu, così come la barra della finestra attiva: il colore blu evidenza quindi lo stato selezionato degli elementi, infatti anche la selezione dei testi nei campi di input era così.
Ma in effetti questi non sono link.
😎 Trendy.
Nel 1992, con Windows 3.1, abbiamo la diffusione di massa di interfacce colorate (altri, come Amiga OS, sono arrivati molto prima, ma questa è un’altra storia), mentre i primi web browser risalgono alla seconda metà degli anni 80. Gli ipertesti invece esistono da ancora prima (HTML è di fatto un linguaggio ipertestuale, ma prima di lui c’è stato altro).
Devi sapere che tra il 1985 del 1993 tutti i sistemi di ipertesto avevano una convenzione ben precisa per identificare i link: testo sottolineato.
Con la maggior parte degli schermi monocromatici, si trattava di una scelta abbastanza ovvia.
Tornando agli inizi degli anni ’90, quando ancora Internet Explorer non esisteva, Mosaic era il punto di riferimento tra i web browser.
Nel ’93 è uscì un aggiornamento alla versione 0.13, il cui changelog recitava così:
Changed default anchor representations: blue and single solid underline for unvisited, dark purple and single dashed underline for visited
…ed Eccoci arrivati ai link che conosciamo!
Da allora tutti i browser hanno seguito questa convenzione: neanche Tim Berners Lee si ricorda esattamente come mai è stato deciso che il blu fosse il colore giusto, ma quello che è certo è che in quel periodo il blu era utilizzato ampiamente come colore d’accento sulle interfacce, come ad esempio abbiamo visto con Windows 3.1.
Nel corso del tempo la convenzione è rimasta stabile, tant’è che ad oggi troviamo i link blu abbastanza di frequente nel web, e i pulsanti delle azioni primarie dei sistemi operativi principali (Windows e Mac OS) sono blu: uno standard talmente radicato che neanche Google, che nel 2016 ha provato a introdurre i link neri, è riuscita a imporsi (per fortuna, aggiungerei), guarda qui:
✌️ Onore alle origini del web!
Quindi niente, ogni tanto è bello capire il perchè delle cose che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni: avevo detto che questo numero di Swag avrebbe parlato dell’ovvio, no?
Se poi vogliamo trovare un risvolto pratico, sappi che in tutti i wireframe che produciamo utilizziamo il blu come unico colore disponibile, mentre il resto è 50 sfumature di grigio: il blu evidenzia inequivocabilmente i link e rende tutto molto chiaro.
…Anche tu hai ricordi del web con le gif animate, il testo in Times New Roman e i link blu sottolineati, o sono io che comincio a fare discorsi da umarél?
Fammelo sapere se ti va!
Trap+Studio